La voce della terra: a cura di Micael Di Paola

 



Salve a tutti e benvenuti nella nuova rubrica di Micael Di Paola "Voce della terra". In questa rubrica, come si può intuire dal titolo, approfondirò storia, origini ed qualche accenno alla grammatica del dialetto morrese. In questa prima edizione vi presenterò una introduzione al dialetto.


Il rapporto tra dialetto e italiano non deve formare un bilinguismo, ma una lingua intermedia che si avvicina all'italiano senza però staccarsi dal dialetto. 

Il dialetto è quella lingua che esce "spontanea" e che da un colore vivo ad una conversazione. 


Per capire meglio il sistema vocalico morrese, dobbiamo andare alle sue radici, ovvero il latino, anche se le lingue osche e quelle umbre furono altrettanto importanti per il dialetto morrese. Il morrese, contrariamente ai dialetti siciliani e calabresi, presenta lo stesso sistema vocalico del toscano, e questo è un fatto molto raro tra i dialetti campani, poiché la Campania, ma tutto il Meridione, fu da sempre una zona di arresto e non di transito per quel che riguarda le innovazioni linguistiche. Il dialetto paesano non si distingue solamente dalla lingua italiana, ma anche dal siciliano e il calabrese . Possiamo definire il morrese e tutti quei

dialetti simili a esso (es. napoletano, campano) appartenenti a una lingua

intermediaria tra italiano e dialetto meridionale. 


Il morrese è in via di estinzione, a causa dei mass-media e dalle nuove generazioni che non lo conoscono, ma questo sta accadendo anche agli altri dialetti dei paesi limitrofi. 


Il morrese ha molte particolarità dovute all'isolamento geografico ed economico nel quale il paese è rimasto per moltissimo tempo. Una caratteristica che viene subito all'occhio osservando un testo in morrese è la copiosa presenza della vocale "u" alla fine delle parole e nei vocaboli maschili, come allo stesso modo, per esempio, nella vicina Andretta lo è la "i".


Nel morrese sono riconoscibili le influenze delle diverse epoche: dalla "f" di derivazione osca (afìo= sottoscala, mufita=puzza di acque solforose, perciò "Mefite" di Rocca San Felice, al latino nemiccuIe (proveniente dal napoletano lemiccule a sua volta derivato da lenticulae = lenticchie) e vòccula 

(vocula = borbottio della gallina che cova) al francese ammasona (rincasare, da "a maison"),all'arabo 

carrafa (gharrafah=brocca) sciarrare (litigio, da "shiar") tavùtu(tabut=bara), al greco arrasso (sto lontano, da rasso) e scippare, sceppare (schizo = separare con violenza) al longobardo fiasca (flasce=bottiglia) e sanberga (steinberga=casa di pietra), aIlo spagnolo abbuscare (guadagnare, procacciarsi, da buscar-andar cercando e riggiola (mattone,da rejol =pila di mattoni). 


Insomma, in un dialetto di un così piccolo paese è ricostruibile tutta la storia che questa terra ha vissuto: dai tempi dei romani, ai longombardi, dalle occupazioni spagnole a Napoleone. Una lingua parlata dai cittadini conserva vicende di secoli interi.

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